LA CASA FAMILIARE

La  casa  familiare  è  l’abitazione  ove  si  è  incentrata  prevalentemente  la  vita  familiare  durante  la  convivenza matrimoniale e dunque prima della separazione.

POSSO ANDARE VIA DALLA CASA FAMILIARE SENZA LA SEPARAZIONE?

No.  Tale  condotta  (salvo  il  caso  di  forza  maggiore  o  del  verificarsi  di  episodi  di  violenza  domestica)  integra la fattispecie di un illecito civile.  Come   detto,   durante   il   matrimonio   i   coniugi   sono   obbligati   alla   “convivenza”   (art.lo   143   c.c.).   Siccome l’abbandono  del  tetto  coniugale  non  è  più  reato,  tale  condotta  è  oggi  irrilevante  per  la  legge  penale,  ma  è rilevante  per  la  legge  civile:  se  un  coniuge  si  allontana  dalla  casa  familiare  contro  la  volontà  dall’altro,  senza avere  effettuato  la  separazione,  commette  un  illecito  civile  punito  con  la  perdita  del  diritto  di  ricevere  un assegno di mantenimento e con la perdita dei diritti successori nei confronti dell’altro coniuge (art. 585 c.c.). La  proposizione  di  una  domanda  di  separazione,  anche  se  di  tipo  giudiziale,  consente  invece  al  coniuge  di allontanarsi legittimamente dalla casa coniugale (art. 146 secondo comma c.c.).  

POSSO CACCIARE DALLA CASA FAMILIARE L’ALTRO CONIUGE SE L’APPARTAMENTO È MIO?

No.  Tale  condotta  integra  la  fattispecie  del  reato  di  violenza  privata,  Così  come  cambiare  la  serratura  per impedirgli  di  rientrare  a  casa  e  ciò  anche  se  si  ha  la  proprietà  al  100%  dell’immobile  adibito  ad  abitazione familiare.  Con  la  separazione  invece  il  giudice  stesso  ordinerà  ad  uno  dei  due  coniugi  di  allontanarsi  dalla  casa familiare per realizzare il fatto della separazione. 

E’ POSSIBILE RIMANERE IN CASA, INSIEME ALL’ALTRO CONIUGE, DOPO LA SEPARAZIONE, PER MOTIVI ECONOMICI SE NON SI HA LA DISPONIBILITÀ DI UN ALTRO APPARTAMENTO?

No.  Lo  scopo  primario  della  separazione  è  quello  di  tutelare  la  prole  dalle  liti  dei  genitori  ed  evitare  che  le stesse  si  inaspriscano  col  perdurare  della  convivenza.  Pertanto  il  giudice  non  può  disporre  lo  status  di  separati  e nel  contempo  la  prosecuzione  della  convivenza  nello  stesso  appartamento:  gli  scopi  fondamentali  dell’istituto della separazione verrebbero frustrati.

CHI DEVE ANDARSENE DALLA CASA CONIUGALE PER REALIZZARE LA SEPARAZIONE ?

Per  realizzare  il  fatto  della  separazione,  è  previsto  che  il  giudice,  nella  separazione  giudiziale,  ordini  ad  uno dei  due  coniugi  di  allontanarsi  dalla  casa  familiare  (o  “casa  coniugale”,  cioè  la  casa  ove  si  è  prevalentemente incentrata   la   vita   durante   la   convivenza   matrimoniale)   entro   un   certo   termine,   mentre   nella   procedure   di separazione consensuale la coppia stessa deve prevedere tale soluzione. La  scelta  del  coniuge  che  rimarrà  nella  casa  coniugale  e  quello  che  dovrà  andarsene  non  è  rimessa  la  mero arbitrio  dei  coniugi,  ma  è  determinata  dalla  legge:    L’art.lo  337  sexies  c.c.    stabilisce  che  “il  godimento  della  casa familiare è attribuito tenendo prioritariamente conto dell'interesse dei figli”. Tale  articolo  viene  interpretato  dagli  Organi  Giurisdizionali  nel  senso  che  l’interesse  dei  figli  sia  quello  di conservare  le  abitudini  maturate  dagli  stessi  nell’ambiente  domestico  per  evitargli  il  trauma  che  deriverebbe loro dal dover cambiare abitazione e magari quartiere e scuola a seguito della separazione dei genitori. Poiché  la  prole  ha  diritto  di  rimanere  nella  casa  coniugale  per  il  motivo  appena  esposto,  ne  deriva  che  il genitore  che  passerà  un  tempo  maggiore  con  la  prole  rispetto  all’altro  avrà  il  diritto  di  rimanere  con  essa  nella casa coniugale, mentre l’altro se ne dovrà allontanare. Pertanto,  dopo  aver  individuato  tale  genitore  sulla  base  della  misura  scelta  (dal  giudice  nella  separazione  di rito  giudiziale  e  dalla  coppia  stessa  nella  separazione  di  rito  consensuale)  del  tempo  di  permanenza  della  prole presso  ciascun  genitore,  si  dovrà  prevedere  che  il  genitore  con  il  quale  la  prole  passerà  un  tempo  maggiore  (c.d. “collocatario  prevalente”)  rimarrà  nella  casa  coniugale  e  che  l’altro  dovrà  allontanarsene  entro  un  certo  temine (fissato dalla giurisprudenza in una misura compresa tra i 30 e i 90 giorni).

COS’È L’ASSEGNAZIONE DELLA CASA CONIUGALE?

L’assegnazione  è  il  diritto  del  coniuge  collocatario  prevalente  della  prole  di  rimanere  nella  casa  familiare, indipendentemente dal titolo che consentiva alla coppia la detenzione dell’immobile prima della separazione.Come  sopra  visto,  quando  i  coniugi  si  separano,  i  loro  figli  hanno  diritto  di  rimanerne  nella  casa  coniugale affinché  non  subiscano  il  trauma  che  potrebbe  derivare  loro  dal  fatto  di  essere  costretti  a  cambiare  casa,  scuola, quartiere, perdendo abitudini, amicizie, etc.. Il  genitore  con  cui  i  figli,  dopo  la  separazione,  è  previsto  che  passeranno  un  tempo  maggiore  rispetto all’altro,  (c.d.  “collocatario  prevalente”),  dovrebbe  rimanere  nella  casa  coniugale,  per  accudire  i  figli  nel  tempo, maggiore  in  cui  sono  con  lui,  mentre  l’altro  dovrebbe  allontanarsene  per  realizzare  il  fatto  della  separazione  dei coniugi. Può  capitare  però  che  la  casa  familiare  non  sia  di  proprietà  del  genitore  collocatario  prevalente  ma  dell’altro, ovvero,  se  detenuta  in  locazione,  può  capitare  che  il  coniuge  che  ha  stipulato  il  contratto  di  locazione  non  sia  il collocatario prevalente della prole, ma l’altro. Poiché   secondo   le   regole   generali   il   proprietario   può   allontanare   chiunque   dal   proprio   immobile   e   il locatario  può  allontanare  chiunque  dall’immobile  che  ha  locato,  se  il  coniuge  proprietario  o  il  locatario  della casa  coniugale  non  è  il  collocatario  prevalente  della  prole,  egli  potrebbe  allontanare  il  collocatario  prevalente  e  i figli  che  vivono  con  lui  per  la  maggior  parte  del  tempo,  provocando  le  conseguenze  pregiudizievoli  per  la  prole sopra descritte.Per  evitare  che  ciò  possa  avvenire,  le  leggi  speciali  sulla  separazione  (e  sul  divorzio)  prevedono  una  deroga (che   in   quanto   tale   prevale   sulle   regole   generali   in   base   al   principio:   "lex   specialis   derogat   generali"), rappresentata dall’istituto dell’assegnazione della casa familare. In particolare la legge art.lo 337 sexies c.c. stabilisce che:

Se la casa familiare è:

  • di proprietà piena del coniuge non collocatario prevalente, ovvero è,
  • in comproprietà con l’altro, qualunque sia la misura delle quote o è
  • in comodato al coniuge non collocatario prevalente della prole, il  giudice  (o  la  coppia  stessa  nella  procedura  consensuale)  costituisce  un  diritto  di  assegnazione  art.lo  337 sexies   c.c.   della   casa   coniugale   a   favore   del   coniuge   presso   il   quale   la   prole   (anche   maggiorenne   ma   non economicamente indipendente) è collocata prevalentemente.
  • Il  diritto  di  assegnazione  consente  al  titolare  di  tale  diritto  (c.d.  assegnatario)  di  vivere  gratuitamente  nella casa  coniugale,  senza  pagare  niente  all’altro  coniuge  anche  se  la  casa  fosse  interamente  di  proprietà  di  questi  e negli altri casi sopra esposti. (L’assegnatario dovrà pagare solo i servizi che consuma: condominio, luce, gas etc.).
  • Il  diritto  dell’assegnatario  è  esclusivo:  se  il  coniuge  proprietario  della  casa  familiare  entra  in  detta  casa dopo   l’assegnazione   della   stessa   all’altro   coniuge   contro   la   volontà   di   quest’ultimo,   commette   il   reato   di violazione di domicilio.Se la casa familiare è: 4) in locazione al coniuge non collocatario prevalente della prole,se  cioè  la  casa  familiare  era  detenuta,  prima  della  separazione,  in  ragione  di  un  contratto  di  locazione stipulato  dal  coniuge  non  assegnatario,    l’assegnatario  subentra  ope  legis  nel  contratto  di  locazione.  Pertanto l’assegnatario  potrà  vivere  in  quella  casa  pagando  il  canone  al  terzo  proprietario,  mentre  l’altro  coniuge  che aveva stipulato il contratto di locazione prima della separazione, dovrà lasciare l’immobile.