LE VOSTRE STORIE
In questa pagina vogliamo lasciare libertà di raccontare la vostra storia di Figli o Genitori cosi da essere da faro per:
- Chi ci deve passare, ed aiutarlo a prendere una decisione piu sana e non spinta solo dalla rabbia del momento
- Chi ci stà passando in questo momneto, per aiutarlo a non sentirsi solo in uno dei momenti piu difficili della vita.
Cerciamo di essere dei fari per Genitori e Figli, cerchiamo di esprimere qullo che abbiamo provato e come ci ha fatto sentire.
L. R.
I miei genitori si sono separati nel 1993, quando avevo 12 anni e mezzo. In realtà, la loro storia era già finita intorno al 1987, ed entrambi avevano avuto relazioni con altre persone. Io, già da un paio d’anni, percepivo che qualcosa non andava. A un certo punto chiesi anche a mia madre se amasse ancora mio padre, ma la sua risposta fu molto evasiva.
Ricordo bene che mio padre non era mai a casa per cena: si intratteneva in città fino a tarda sera e rientrava solo più tardi nel nostro paese di provincia. Una sera d’estate, mi dissero che dovevano parlarmi, mi spaventai tantissimo, temendo che mi dovessero annunciare una grave malattia. Quando invece mi comunicarono della separazione, provai un sollievo inaspettato: era comunque meno grave di quello che avevo immaginato. Ricordo di aver detto loro: "L'importante è che mi vogliate ancora bene" e di aver chiesto, come "ultimo desiderio", di fare tutti insieme un giro in macchina nei piccoli paesi di provincia dove, da bambino, andavamo a prendere il gelato.
Dopo pochi mesi, mio padre andò a convivere con la donna con cui stava già da due anni, che io avevo conosciuto senza sapere che fossero insieme. Paradossalmente, la separazione non cambiò molto per me dal punto di vista pratico: già prima vedevo poco mio padre, e anzi, la costanza di un giorno fisso a settimana in cui ci saremmo visti era addirittura maggiore rispetto a prima.
La parte più difficile fu la reazione di mia madre.
Si lasciò andare a una forte depressione e, per i primi due anni, piangeva tutte le sere. Nei primi tempi mi diceva: "Non penserai mica di andare veramente da quello stronzo?!". Questo mi faceva soffrire molto, perché mi metteva al centro di un conflitto che non avrei dovuto subire. Per quanto mio padre fosse stato il primo ad andarsene e avesse già un’altra donna, col senno di poi mi rendo conto che anche mia madre aveva avuto altre avventure. Era fisiologico, in un rapporto che era già finito da tempo. Con il tempo, mi sembra che mia madre abbia ecceduto nel vittimismo.
Non voglio negare che per lei la situazione fosse più difficile: era da sola, senza un compagno, e aveva sulle spalle tutto il peso della mia crescita e del mio accudimento, come del resto era stato anche quando mio padre era ancora in casa. Tuttavia, quel suo atteggiamento di voler impedirmi di andare da lui fu tremendo.
Fortunatamente, iniziai comunque a frequentare mio padre con regolarità: una volta alla settimana, e qualche anno dopo, due volte alla settimana, anche se senza mai pernottare, principalmente per mia scelta. Ci andavo a cena o nel tardo pomeriggio e poi lui mi riportava a casa, quando iniziai a spostarmi da solo con i mezzi, andavo da lui autonomamente e tornavo solo a tarda sera.
Senza dilungarmi troppo sulla logistica della separazione, l’aspetto che più mi preme sottolineare è il modo in cui un figlio si sente a livello emotivo. Il disagio più grande fu quello di sentirmi messo in mezzo, come un cuscinetto schiacciato tra le personalità dei miei genitori. Da un lato, mia madre sembrava rivestire il ruolo della vittima, ma col tempo ho capito che tendeva a drammatizzare e a proiettare sulla separazione una serie di problemi esistenziali che aveva da sempre. Dall’altro, mio padre si è sempre mantenuto in una posizione defilata. Oggi sento di padri che combattono per vedere il proprio figlio anche solo un’ora in più, per ottenere l’affidamento condiviso al 50%. Lui, invece, si accontentava di quell’unico giorno settimanale, in cui passavamo insieme solo quattro o cinque ore. Questo mi ha sempre fatto pensare che, forse, non volesse poi così tanto stare con me.
Altrimenti avrebbe cercato di negoziare di più.
Una cosa che fece soffrire moltissimo mia madre fu il fatto che, dalla seconda estate dopo la separazione, quando avevo 14 anni, mio padre e la sua nuova compagna mi portarono in vacanza per 15 giorni. Mia madre mi disse: "Adesso ve ne andate a fare la famigliola felice, e io qui sola come un cane".
Ovviamente, questo mi caricò di sensi di colpa, come se stessi facendo qualcosa di sbagliato, quando in realtà non era così. Quel peso me lo sono sempre portato dietro e, tuttora, lo rivivo nelle situazioni in cui devo scegliere tra due persone, anche per questioni banali. Ora che ho due figli, mi trovo spesso in difficoltà quando devo prendere decisioni tra loro, perché riemerge il trauma di aver dovuto scegliere tra mio padre e mia madre.
Oggi mia madre non c’è più, mentre mio padre è ancora vivo. Scrivendo queste parole, una parte di me continua a cercare istintivamente un colpevole, o almeno a capire chi dei due abbia avuto più colpe.
C’è poi un altro aspetto altrettanto doloroso dell’essere figlio di genitori separati: quando cresci e inizi ad avere delle relazioni, senti un’insicurezza costante. Da un lato, temi che la relazione possa finire, di subire l’abbandono dell’altro. Dall’altro, hai paura di essere tu stesso a smettere di provare sentimenti e, un giorno, trovarti nella posizione di dover lasciare qualcuno, con il rischio di far soffrire i tuoi figli. Se nella memoria non hai un modello di famiglia che ha funzionato, è molto più difficile non farsi prendere dallo sconforto nei momenti di crisi.
Persino a quarant'anni, quando andavo in vacanza con la mia attuale famiglia cioè con la mia compagna e coi miei figli, mi sentivo in colpa nei confronti di mia madre perché rivivevo la situazione di abbandonarla.
Col tempo ho capito che certe relazioni come quella dei miei genitori, semplicemente, non potevano andare avanti. Tuttavia, i genitori dovrebbero avere la maturità di evitare qualsiasi forma di alienazione parentale, di non costringere mai il figlio a scegliere e di non fargli pesare la volontà di frequentare anche l’altro genitore.
Sono abbastanza sbigottito dalla percentuale di separazioni che ci sono oggi in Italia. Mi chiedo se sia perché i dati statistici siano più precisi rispetto al passato o se effettivamente ci sia un aumento esponenziale. Da bambino, negli anni ‘90, non ricordo così tanti divorzi.
Oggi vedo molte separazioni con figli ancora piccoli, e mi chiedo se la crisi non fosse già presente prima del loro concepimento. Se così fosse, che senso avrebbe avuto metterli al mondo in una situazione già instabile?
Mi sembra di vedere una grande immaturità di fondo: famiglie che si sfaldano per problemi economici o perché le aspettative di una “bella vita” sono state deluse. Mi chiedo se, prima di prendere certe decisioni, si pensi davvero all’impatto devastante che hanno sui figli. Alcune madri parlano male del padre solo perché è un operaio e non può permettere loro le vacanze che sognavano. Al contrario, ci sono padri che potrebbero tranquillamente pagare gli alimenti ma si rifiutano, ignorando quanto quelle piccole spese extra possano essere preziose per un bambino
Un consiglio mi viene da dare ai padri separati: lottate per vedere i vostri figli quanto ritenete opportuno, magari non ci riuscirete, ma sarà importantissimo per i vostri figli sapere che ci avete tentato con tenacia, così si sentiranno fortemente amati nonostante tutto!